Buongiorno a tutti dal vostro Giorg3lx, oggi andiamo a vedere qualcosa di davvero interessante, una curiosità che ho trovato girovagando per l’internet riguardo un argomento che mi sta molto a cuore: l’informatica.
Come alcuni di voi sapranno, i pc, i tablet, gli smartphone… non parlano la nostra stessa lingua, bensì utilizzano dei linguaggi ben specifici, con una loro sintassi ed una loro “grammatica“, chiamati linguaggi informatici, i quali seguono la rigorosa e matematica logica dei computer: tutto ciò è dovuto al fatto che le lingue umane presentano varie ambiguità semantiche, che portano a fraintendimenti.
Ciò che è più curioso è il fatto che esista un’eccezione: il Sanscrito.
Questa lingua è ormai morta e viene utilizzata dagli induisti solo per le occasioni religiose: questa similitudine è stata studiata nel 1985 nell’ambito della ricerca sulle Intelligenze Artificiali (scrivete qui sotto se siete interessati ad un articolo per approfondire questo argomento) da Rick Briggs, ricercatore della NASA, il quale affermò che questa lingua è identica nella forma al lavoro sull’inteliggenza artificiale e dimostra che molti studi sulle AI non sono altro che un inconsapevole riappropriarsi di studi molto più antichi. Bisogna considerare che questa lingua è davvero antica, 6.000 anni, e la corrispondenza è dovuta alla perfezione (nonché il significato del nome stesso) grammaticale e al rigore che assume: in particolare, la forma più antica, chiamata sanscrito vedico, venne riformata nel 500 a.C. e divenne una lingua più condensata e che permetteva di trasmettere dei concetti logici in maniera davvero precisa ed univoca.

Potrebbe sembrare una casualità, ma l’India, come sappiamo, è avvolta dai misteri intorno alle sue antiche civiltà, ma questa lingua, unica in tutta la storia dell’uomo (infatti sono davvero poche le lingue rimaste intatte per oltre 6 millenni), non è altro che il risultato e la rappresentazione del concetto di perfezione del pensiero indiano.
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