Benvenuti ancora una volta su One Word Blog! Oggi vi dirò il mio pensiero su Another, un anime di Yuriko Ishii, tratto dall’omonimo manga di Yukito Ayatsuji. Iniziamo subito senza perdere altro tempo!

Mi sono preso un po’ di tempo per raccogliere le idee e scrivere qualcosa che riuscisse a proiettare il mio pensiero su questo articolo, ma in realtà so bene che il risultato non sarà all’altezza della profondità dell’opera, data la struttura articolata della narrazione. Partendo dalla trama, Another è ambientato nella città maledetta di Yomiyama. Qui morì nel lontano 1972 un alunno della sezione 3. A quasi trent’anni di distanza, Koichi Sakakibara si trasferisce nella stessa sezione dello studente scomparso e trova un’atmosfera di tensione e disperazione tra i compagni, una cosa piuttosto insolita per una classe del terzo anno. All’interno della classe, Koichi sembra essere l’unico a subire il fascino di Misaki Mei, dato che insegnanti e ragazzi la trattano come se fosse invisibile. Il legame che gradualmente si stabilisce fra i due darà il via a una catena di eventi terrificanti.

Provo adesso a farvi capire la bellezza dell’ intreccio di quest’anime! Partendo dal fatto che sono sempre molto restio sulle recensioni, vi dico che Another ha saputo tenermi incollato allo schermo anche nelle scene più stupide. Non ho trovato parti nel quale non si percepisse la qualità dell’opera, persino parlando dell’animazione riuscirei a trovare molti punti a favore dell’anime, ma quello su cui voglio concentrarmi di più sono i dettagli, perché si sa, in fondo sono quelli che contano. Mi ha quasi spiazzato la cura maniacale di ogni scena, nel quale vi sono inseriti frame che contengono riferimenti molto importanti e che troveranno una spiegazione logica nella conclusione. Andando avanti con la storia non possono mancare le deduzioni del pubblico che cerca di scoprire l’identità del colpevole, quando in realtà proprio quest’ultimo è sempre stato sotto i nostri occhi: la basilare interpretazione di come, a volte, la negazione ci svia, portandoci al rifiuto di una semplice verità più dolorosa e oscura. Non voglio entrare troppo nel dettagli per evitare spoiler e dilungarmi troppo, ma una mia riflessione fatta durante la visione dell’anime è che a volte questa verità è essa stessa il demone cui abbiamo sempre cercato di non credere.
Tornando a noi, altra cosa che ho praticamente amato sono i personaggi e, sinceramente, chi dice che la parte finale è incoerente sbaglia di grosso! Anzi, la parte finale forse incarna ancora di più lo spaccato della società odierna, molto individualista, in cui la gente non si fa scrupoli a mettere da parte quel briciolo di umanità che ormai le resta per salvarsi la pelle o, cosa molto più vile, per i soldi…e fare cosa poi? Vivere con il rimorso e l’angoscia perenne? Come fa praticamente Katsumi Matsunaga!

Ci sarebbe davvero troppo da dire, persino sulla catastrofe: un evento improbabile e inaspettato che innesca nei protagonisti un processo così contorto da farlo succedere! Mi ha dato davvero uno spunto interessante e mentre continuavo a guardare riflettevo su come siamo noi stessi a far accadere determinate situazioni, forse perché non riusciamo a tenere a bada la voglia di essere infelici e finiamo sempre col pensare al peggio! La sensazione di continua angoscia e quella finta ricerca della speranza che abbiamo dentro di noi nella realtà, nell’anime è espressa benissimo e ha un ruolo fondamentale. Vi chiederete, perché “finta ricerca”? Beh molto semplice: come ci viene spiegato anche nell’opera, i ragazzi hanno provato a scampare alla calamità con un escamotage, sperando che da quel momento le cose fossero ritornate alla normalità, ma di fatto non è servito a nulla. La vera salvezza arriverà quando il protagonista, sconfiggendo i suoi demoni e accettando quella cruda verità, riuscirà a liberare i compagni e se stesso dalla morsa di quella calamità.

È un racconto che vuole dirci molto, se visto dalla giusta prospettiva. Volendo trovare qualcosa che non va, direi sicuramente la freddezza dei personaggi in alcuni momenti dell’opera, tuttavia non mi sento di penalizzarla troppo dato che non sappiamo le reali motivazioni dell’autore nell’inserire i medesimi particolari. In conclusione, la consiglio? Si, ovvio! Vi assicuro che non ne resterete delusi.
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